Qualche riflessione in merito alla vicenda di Silicon Valley Bank, tra fallimento e salvataggio.
Cosa è successo
Come ormai noto, Silicon Valley Bank è fallita. Un crac fulmineo, dopo solo 48 ore di turbolenza. La banca era un’istituzione in Silicon Valley e in tutta la California del Nord (San Francisco, Bay Area), nonché una delle prime 20 banche americane, con depositi bancari per oltre 170 miliardi di dollari e oltre 200 miliardi di attività complessive.
I motivi del fallimento sono semplici: negli ultimi anni, i depositi da parte dei loro clienti (principalmente startup tecnologiche, fondi di venture capitalist e loro fondatori e lavoratori) sono aumentati clamorosamente per via del boom del settore e della montagna di denaro disponibile. Tra la fine del 2019 e il primo trimestre del 2022, i depositi bancari presso SVB sono più che triplicati, passando da 64 miliardi a 198 miliardi.
Quindi, le casse di Silicon Valley Bank traboccavano di soldi, peraltro senza pagare 1 dollaro di interesse ai correntisti perché eravamo ancora in regime di tassi a zero.
Ma ricevere depositi da parte dei clienti è solo una parte dell’attività bancaria: l’altra parte è impiegare questi fondi, prestarli a qualcuno in cambio di un interesse. E fare credito, non è proprio l’attività preferita dalla Silicon Valley Bank, sia per carenza di domanda da parte dei clienti (poco propensi al debito), sia perché prestare soldi è rischioso, e SVB non era ben strutturata per farlo.
Per ottenere un profitto, ha quindi usato gran parte di questi depositi per fare investimenti. Azioni spazzatura? Obbligazioni esotiche o ad alto rendimento?Derivati in altre valute? Nulla di tutto ciò!
Silicon Valley Bank ha investito su Titoli di Stato americani (Treasuries), ovvero tra gli investimenti più prudenti che ci possono essere sul mercato. Probabilmente, il più prudente.
E allora qual è stato il problema che ha portato SVB al fallimento in un paio di giorni? Per quanto prudente, un investimento non è comunque del tutto sicuro e senza rischio.
Certamente i titoli di Stato americani hanno un bassissimo “rischio credito”: è poco probabile che il Tesoro americano non rimborsi i propri debiti. Ma non sono certamente immuni al “rischio di interesse”, che aumenta all’aumentare della scadenza di questi titoli di Stato.
In poche parole, SVB ha investito la maggior parte dei soldi dei depositanti in Titoli di Stato con scadenza a medio-termine, acquistandoli però quando i loro prezzi erano molto elevati (e i rendimenti quindi molto bassi). Questo è andato avanti senza intoppi per alcuni anni, e sembra un business perfetto e senza rischio:
• i clienti depositano miliardi presso di Te, e tu gli riconosci un interesse dello 0,01%
• Tu investi quei miliardi in Titoli di stato sicuri, incassando un rendimento netto dell’1,49% (che su miliardi è tantissimo)
Attenzione, perché è ciò che hanno fatto tutte le banche negli ultimi anni, con varie sfumature.
I problemi sono iniziati quando la FED ha iniziato ad alzare i tassi di interesse, per contrastare l’inflazione tornata ai massimi dagli anni ’80, causando un doppio problema:
• i depositanti iniziano a muovere i propri capitali liquidi dove trovano tassi di interesse migliori, mentre con i tassi a 0 era inutile cambiare banca perché non si poteva spuntare nulla di meglio da nessuna parte,
• il portafoglio di investimento in titoli di Stato si deprezza, tanto più velocemente quanto il rialzo dei tassi è repentino e quanto la scadenza di questi titoli NON è di breve termine.
Per Silicon Valley Bank, questi problemi sono stati ingigantiti dalla velocità di consumo dei depositi da parte dei loro clienti (startup non ancora profittevoli che bruciano milioni di dollari ogni mese per pagare stipendi e per crescere), e dall’incapacità manageriale di gestione del rischio rialzo tassi.
La crisi di liquidità è servita: se i depositanti richiedono i soldi indietro, ma tu li hai incastrati su obbligazioni a medio termine che attualmente sono sotto del -20% o -30%, diventa un bel pasticcio. Il colpo di grazia è stato un confuso comunicato da parte del CEO di SVB, in cui cercava di rassicurare tutti sulla solvibilità della banca, ma che ha creato l’effetto opposto: la corsa agli sportelli (telematici), fomentata da alcuni top Venture Capitalist che hanno consigliato alle loro startup di bonificare immediatamente i loro fondi in SVB verso altre banche.
Ora, per chiudere questa cronistoria, è intervenuta la FED, il Tesoro e il Fondo di Tutela dei depositanti, con il salvataggio di tutti i depositi, anche quelli non assicurati perché superiori a $250.000 (il limite americano di tutela dei depositi), mentre gli azionisti e gli obbligazionisti della banca hanno perso tutto.
Questo è stato fatto per evitare una “corsa agli sportelli” delle altre banche, che avrebbe portato effetti inimmaginabili per tutto il sistema finanziario ed economico.
Riflessioni
La situazione è in continua evoluzione, e ci sarebbero tante considerazioni da fare. Di carattere imprenditoriale, politico, di gestione del rischio.
Mi limiterò alle considerazioni che mi competono, ovvero quelle legate alla sfera della finanza personale e degli investimenti dei risparmiatori privati.
1. Le banche possono e devono fallire, se è il caso
Ma se si elimina la possibilità di fallimento per cattiva gestione, le banche potrebbero tendere ad essere ancora più incuranti dei rischi della loro attività (tanto paga la Banca Centrale).
2. Le banche non sono tutte uguali
Per questo motivo, è opportuno selezionare con cura i propri partner bancari, e ricordarsi che sono dei semplici fornitori di servizi finanziari di cui è opportuno conoscerne la solvibilità.
Alcune banche sono decisamente più sistemiche, più cruciali per tutto il sistema economico (le famose too big to fail), ed è opportuno capire questo concetto e agire di conseguenza.
3. Essere depositanti di una banca è totalmente diverso che essere azionisti o obbligazionisti
Come hanno imparato sulla propria pelle gli azionisti di Veneto Banca, Pop. Vicenza e le altre banche italiane fallite in caso di fallimento bancario i correntisti sono gli ultimi a poter perdere soldi.
Perché gli azionisti sono soci, gli obbligazionisti sono creditori, mentre i correntisti sono (solo) clienti.
Quindi, se volete rimanere solo clienti della vostra banca, e non soci o creditori, quando in banca vi propongono azioni e obbligazioni proprie (magari belle subordinate), rifiutate gentilmente.
(Non vi dico poi che fine fanno i vostri amati certificati emessi da banche in caso di difficoltà, ma penso abbiate capito).
4. Il rischio non è (solo) l’oscillazione di breve termine dei vostri investimenti azionari
Gli analfabeti finanziari collegano il concetto di rischio unicamente alla volatilità delle Borse, del mercato azionario, ovvero quel -2% o -3% che leggete sui giornali.
Questa paura verso le oscillazioni di breve termine (che capisco bene non siano facili da gestire emotivamente) porta a sottovalutare rischi ancora più terribili, che vedo costantemente presi senza pensieri.
Rischio interesse, solo perché il titolo di Stato con scadenza tra 60 anni rende di più di quello che scade tra 10 anni.
Rischio cambio, solo perché l’obbligazione in lire turche ha una cedola elevata.
Rischio credito, solo perché l’obbligazione BBB rende di più dell’obbligazione AAA, e poi “figurati se fallisce XYZ”.
A confronto di questi rischi, la volatilità di breve termine del mercato è una passeggiata.
È sempre bene farsi aiutare da un professionista se non si capiscono queste cose, investire non è sempre così semplice, come ci hanno insegnato le vertiginose fluttuazioni del 2020 e 2021.
5. La liquidità è importante e fondamentale per certe finalità, e non è da trattare come un investimento
Non va fatta confusione tra la liquidità e gli investimenti, neppure siano essi a breve termine.
Per liquidità si intendono i depositi di conto corrente, ovvero il denaro immediatamente spendibili e trasferibile.
Tutto ciò che non rientra in questa definizione non è liquidità, ma è un investimento, con rischi annessi. L’unica potenziale eccezione sono i conti deposito e le obbligazioni a breve termine, ma che hanno una scadenza (o un vincolo) massima di 12 o 18 mesi.
Tutto il resto, quindi anche un conto deposito vinclato a 24 mesi o un titolo di Stato con scadenza tra 36 mesi, sono investimenti. Investimenti a breve termine, ma comunque investimenti. E non liquidità.
Conclusione
Per chiudere, il consiglio è quello di non farsi prendere dal panico, non dare troppo peso a notizie eccessivamente terroristiche, e approfittare di un momento in cui non si parla d’altro che di soldi, banche, finanza e investimenti per fare un check-up della propria personale situazione finanziaria.
Rimango come di consueto a disposizione per ogni ulteriore chiarimento.