Quale pensione?

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Credo che ormai sia chiaro per  tutti che  al giorno d’oggi non è assolutamente più sufficiente versare i contributi all’Inps per sperare di avere una pensione che garantisca una vecchiaia serena.

Di più: non si può fare completo affidamento sulla pensione obbligatoria che ci verrà assegnata.

Il nostro sistema previdenziale prevede infatti che i contributi versati ogni mese dai lavoratori di oggi vadano a sostenere chi ora già in pensione. Quesito facile facile: con la popolazione che invecchia e la vertiginosa diminuzione dei giovani in grado di versare contributi, tale modello può ancora essere sostenibile? Certo che no.

Riflessione: affinché il lavoratore o la lavoratrice  riesca a garantirsi una certa tranquillità economica una volta cessata l’attività lavorativa, deve correre subito ai ripari, optando per una soluzione previdenziale.

E dunque come sceglierla?

Sul mercato ne esistono di diversi tipi, ognuna con i suoi pro e i suoi contro: I Fondi Pensione “Chiusi” di categoria o aziendali, Fondi pensione aperti e PIP (Piano Individuale Pensionistico) e i Piani di risparmio personale.

 

Fondi pensione “chiusi” di categoria o aziendali

Rappresentano il cosiddetto “secondo pilastro” della Previdenza e sono in genere conosciuti come “fondi negoziali”, in quanto sono frutto di accordi tra le organizzazioni sindacali e quelle imprenditoriali di settori, aziende o categorie specifiche. Il più famoso èsempio, il fondo pensione Cometa, è destinato ai lavoratori del settore metalmeccanico.

In questi Fondi sia il datore di lavoro che il lavoratore versano mensilmente dei contributi.

I dipendenti possono destinarvi il TFR (Trattamento di Fine Rapporto) e la contribuzione è favorita da agevolazioni fiscali. Il patrimonio accumulato nei fondi viene gestito da società specializzate che li impiega sui mercati finanziari con diverse linee d’investimento, chiamate “comparti”, più o meno rischiose (es. in azioni, obbligazioni o con gestioni garantite). Spetta al lavoratore scegliere in quale comparto investire: una scelta cruciale per determinare il proprio reddito da anziani. L’Asset può essere altresì definito da un “Life Cycle”, cioè all’aumentare dell’eta diminuisce la componente azionaria, fino a scomparire negli anni immediatamente precedenti all’uscita dell’età lavorativa.

Il capitale matura nel tempo grazie ai versamenti regolari e ai rendimenti sugli stessi ottenuti dai gestori (dedotti i costi). A priori dunque, è impossibile determinare quanto sarà il capitale finale, detto anche “montante”.

Al momento della pensione, il lavoratore ha due possibilità: convertire il montante in una pensione,  integrando quella erogata dall’INPS, oppure riscattare non più del 50% del capitale maturato e convertire in rendita (cioè pensione mensile) il resto.

Il capitale accumulato nei fondi può essere riscattato anche prima dell’età della pensione, per ragioni straordinarie, per una quota compresa tra il 75% e il 100%: ad esempio in caso di disoccupazione, l’acquisto della casa o per gravi e comprovati motivi di salute.

Infine, dopo almeno 8 anni di versamenti, per qualsiasi ragione il lavoratore può ritirare fino al 30% dei capitale maturato.

Fondi pensione aperti e PIP (Piano Individuale Pensionistico)

Tali Fondi si rivolgono a tutti i lavoratori,  dipendenti o autonomi, di qualsiasi categoria o regione e si rivolgono a chi non ha a disposizione un fondo pensione chiuso, e costituiscono il  “terzo pilastro“.

Si dividono in fondi pensione aperti, distribuiti da banche e società finanziarie e PIP, venduti da compagnie di assicurazione.

Strutturalmente funzionano sono simili ai fondi pensione chiusi, in quanto i contributi raccolti e destinati ad un comparto scelto dal risparmiatore vengono investiti sui mercati finanziari dai gestori con l’obiettivo di ottenere un montante, da convertire infine in rendita al momento del pensionamento.

Anche in questo caso è possibile ottenere il riscatto del capitale in anticipo.

Il contributo del datore di lavoro non è automatico, come per i fondi pensione chiusi, anche se i datori di lavoro possono decidere di contribuire al fondo pensione, traendone benefici fiscali.

Piani di risparmio personale

E’ la creazione volontaria di un portafoglio d’investimento personale, con l’obiettivo primario di’accantonare regolarmente, ad esempio mensilmente, una cifra fissa per costruire un capitale da utilizzare per integrare la pensione.

È una soluzione che può essere attuata con diversi prodotti finanziari come obbligazioni, ETF, fondi comuni d’investimento, azioni, i quali possono essere sottoscritti anche attraverso dei Piani d’Accumulo (PAC). Trattandosi di portafogli creati in modo del tutto autonomo non sono soggetti ad alcuna regolamentazione particolare, sicché non hanno vincoli, ma nemmeno sgravi fiscali.

Se consideriamo i Fondi Negoziali, possiamo riscontrare che sono fiscalmente convenienti, che passando dal TFR al Fondo Pensione di categoria viene incassato annualmente il premio versato dal Datore di Lavoro, pari al 1,5% della retribuzione. Da notare, tra l’altro, la Gestione Professionale dell’Investimento e i costi estremamente contenuti. D’altra parte, da riscontrare la limitazione alla totale disponibilità del capitale durante la fase di accumulo dei contributi e al momento del pensionamento.

Per quanto concerne i Fondi Pensione Aperti e i PIP, da riscontrare la convenienza fiscale e la Gestione Professionale nella gestione finanziaria, oltre alla possibilità di variare o interrompere i versamenti, ed il capitale può essere trasferito ad altra forma di previdenza complementare. Gli aspetti negativi dei fondi Pensione Aperti e dei PIP sono rappresentati senza dubbio dai costi più elevati, in media oltre il 100% rispetto ai costi dei Fondi Pensione Negoziali, e dal fatto che il contributo del datore del lavoro non è assolutamente scontato o “automatico”. Inoltre, analogamente ai Fondi Negoziali, da notare la  limitazione alla totale disponibilità del capitale durante la fase di accumulo dei contributi e al momento del pensionamento.

Per i Piani di risparmio personale, invece, possiamo notare che i costi di gestione sono contenuti, scegliendo oculatamente gli strumenti finanziari (azioni, Obbligazioni, Fondi ETF, ecc.) e la liquidità è libera e disponibile ( sia parziale che totale) durante la fase di accumulo dei contributi e al momento del pensionamento. Da rimarcare, peraltro, che la Gestione è lasciata all’iniziativa personale senza controllo del Rischio e della volatilità, e che non è prevista nessuna agevolazione fiscale.