Trascorsa la prima settimana dell’ aumento di capitale Unicredit

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É già trascorsa la prima settimana dell’ aumento di capitale Unicredit. Si tratta di una iniezione di capitale inedita per il nostro mercato, data la sua enormità: oltre 13 miliardi di Euro.

Ad una prima valutazione, si nota un forte effetto diluitivo per gli attuali azionisti e pari al 70 per cento di quanto essi detengono attualmente in portafoglio, che – tradotto – significa che se le Fondazioni, i Fondi e gli Investitori Istituzionali non dovessero rendere disponibili ulteriori patrimoni, per forza di cose il loro peso nella Banca scenderebbe di molto.

Obiettivamente oggi l’azionariato è alquanto frazionato e la Banca puó essere definita una Public Company.

L’istituto di credito (un tempo in piazza Cordusio, oggi in piazza Gae Aulenti) ha una forte influenza su Mediobanca, il primo azionista delle Assicurazioni Generali.

Tutti riconoscono che Unicredit è fondamentale per il nostro sistema produttivo: dopo la vendita di Pekao Bank, sua controllata polacca, oggi nel mercato italiano pesa quasi per il 48 per cento. E la banca guidata dal francese Mustier, resta ancora il secondo prestatore, per dimensioni, in Europa, dietro solo a Bnp Paribas.

Non è ancora il momento per definire come stia andando la raccolta di risorse fresche. Possiamo ipotizzare che i soci storici non ce la faranno a fare la propria parte al 100 per cento, ma esiste un Consorzio di Garanzia che metabolizzerà tutto ció che il mercato non riuscirà a digerire.

Avremo idee più chiare solo dopo il 10 marzo, termine che verrà probabilmente anticipato, per capire chi saranno i nuovi azionisti libro soci. Possiamo ipotizzare che la situazione sarà molto diversa da quella odierna.

Le reazioni dei mercati

La Borsa Italiana nell’ultima settimana è stata cauta, l’aumento di capitale non è stato bocciato: il titolo Unicredit ha perso poco più del 4 %, ma era molto cresciuto la settimana precedente.

Da dicembre il titolo guadagna il 9 per cento, e ad un anno perde quasi il 20% del suo valore. In Borsa capitalizza 28 miliardi di euro, mentre Intesa vale 8 miliardi in piú, in un anno ha perso il 12 per cento del suo valore e negli ultimi tre mesi ha fatto segnare una flessione del 3,85 %.

Ad un anno, invece, le Assicurazioni Generali hanno guadagnato oltre il 21 per cento, dando un segnale forte di inversione di tendenza borsistica, rispetto alle due maggiori banche italiane.

Unicredit chiuderá il 2016 con una perdita inattesa e gigantesca di 11,8 miliardi. E non ci sarà dividendo.

Lo scenario

Perché tutto questo ? E’ noto che il nuovo AD Mustier abbia voluto dare un taglio formidabile alle sofferenze. Traducendo, si chiamano NPE (Non Performing Exposure) che tengono in conto le sofferenze vere e proprie, le inadempienze probabili e le esposizioni già scadute.

Tale drastica misura prevede la riduzione dei «prestiti problematici» dagli attuali 49,7 miliardi di euro ai 19,2 miliardi del 2019 (Si parla di prestiti non core). Grazie a una enorme riduzione di 12,2 miliardi di partite straordinarie decise a metá dicembre e che hanno generato la perdita favolosa di quest’anno, giá alla fine del 2016 tali prestiti problematici scenderanno a 31,5 miliardi. Evidentemente la nuova Dirigenza ha voluto dare un segnale forte e preciso: saranno “lacrime e sangue”, ma solo per questo primo anno, per i prossimi esercizi non sono previste misure di questa entità, e forse non ce ne sarà nemmeno il bisogno.

Proseguendo nell’analisi, seppur sommaria, c’è un dato clamoroso che salta subito agli occhi. L’86 per cento di questi prestiti problematici è stato originato prima del 2010: il dissesto nei conti Unicredit nasce ben prima della crisi dello spread del 2011. É molto probabile che il debito sia deflagrato nel momento dell’aumento dei tassi e della drammatica riduzione del PIL che ha seguito il 2011. Viene da dire sottovoce che le grandi manovre attuate oggi da Mustier sono assolutamente fisiologiche e indispensabili per la vita dell’Istituto, mentre sia Ghizzoni e prima ancora Profumo se ne sono ben guardati dal farle, malgrado la situazione fosse dovuta ai junk-credits accumulatisi nei decenni precedenti.

Resta il fatto che le prossime settimane potranno fornirci un quadro esaustivo sia del nuovo asset che dell’effettiva bontà dell’aumento di capitale.

Sono sempre a disposizione per approfondimenti, e per aiutarti a comprendere come questi elementi macro-economici possono influenzare il tuo patrimonio o i tuoi investimenti.