Dove ci porterà il 2022? Alcune impressioni di inizio anno

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Paradossi

Avreste mai pensato, due anni fa – che a inizio 2022 ci saremmo ritrovati a a parlare di una crisi pandemica che dura ormai da due anni? 

E chi avrebbe mai ipotizzato che, dopo due anni di restrizioni e problemi di ogni tipo, ci saremmo trovati a commentare mercati azionari ai massimi?

Il 2021 ha visto il coincidere di Mercati sui valori massimi e, ahinoi, numero record di casi di Covid. La speranza di tutti è che la variante Omicron, che pare presentarsi in forma più lieve rispetto alle precedenti, sia l’inizio di una “endemizzazione” (significa che rimarrà tra noi, depotenziato come raffreddore e influenza) del virus.

I mercati

Ancora una volta, sugli scudi il mercato azionario USA. 
L’indice S&P 500 è salito del 28.70% (addirittura più del 39% se espresso in Euro). Da tempo gli analisti prospettano l’imminenza del recupero del “terreno perduto” per i mercati europei, ma intanto è quello americano a continuare a guidare i rialzi, mentre l’Europa insegue.

Di tutt’altro segno i mercati “emergenti”, a causa di alcuni fattori che “frenano” la corsa, come le cervellotiche regolamentazioni imposte da Pechino su molti settori economici, o le preoccupazioni relative ad Evergrande, il maggior Real Estate cinese. In genere, per quanto riguarda la Cina, la mancanz adi trasparenza è sempre un elemento che rende il mercato poco appetibile per gli investitori istituzionali. Ma oltre alla Cina, vanno male anche le piazze di Brasile e Turchia, vittima quest’ultima della follia di Erdogan che ha voluto abbassare i tassi fino al 14% con inflazione sopra il 21%. Misura peggiore di questa non poteva essere realizzata. 

Previsioni disattese

Il 2021 – ci dissero – doveva essere l’anno del “Reflation Trade”, ovvero tassi più alti, curve più ripide, ciclici che sovraperformano, dollaro che si deprezza. E invece è andata molto diversamente: l’inflazione è stata più alta delle attese – arrivando addirittura al 6.8% negli USA, il dato più alto dal 1982 – ma i rendimenti dei Titoli di Stato sono saliti solo in modo del tutto marginale, e le curve dei rendimenti sono più piatte, mentre il dollaro si è rafforzato.

Con quali effetti? La conseguenza di un’inflazione al rialzo è stata quella di aumentare i timori che politiche monetarie meno accomodanti possano frenare la crescita in futuro, e da qui, dunque, l’appiattimento delle curve dei rendimenti.

Quale 2022? 

I prezzi di materie prime ed energia sono saliti decisamente aggiungendo ulteriori pressioni al rialzo ai prezzi. I metalli preziosi, come oro e argento non hanno invece performato come molti si attendevano in condizioni di inflazione al rialzo. E per il resto? I prezzi dei Titoli di Stato sono evidentemente scesi ma quelli dei titoli più rischiosi come gli High Yield sono saliti. Bene anche i titoli generalmente legati all’andamento dell’inflazione, che hanno beneficiato di una riduzione dei rendimenti reali.
Brutte notizie dal debito dei mercati emergenti, un po’ per la loro naturale tendenza al ribasso nei confronti dei mercati emergenti e un po’ per la pressione che un dollaro forte ha esercitato sulle valute locali.

I primi scambi del 2022 hanno comunque registrato indici al rialzo. 
Da una parte c’è un certo ottimismo sull’uscita dalla crisi pandemica, mentre dall’altra si ritiene a ragion veduta che gli utili societari saranno forti anche nel primo trimestre del 2022. 
Si temeva che i rialzi dei costi dal lato produttivo avrebbero pesato sui margini delle società, e invece questo timore è per ora mitigato da una domanda da parte dei consumatori che si mantiene estremamente solida e costante. Questo fattore alimenta l’aspettativa di nuovi utili record e rende le valutazioni attuali meno estreme.

A presto, con nuovi aggiornamenti ed analisi!