Contanti: conto corrente is the new materasso

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La ricchezza degli italiani si trova esattamente ai due estremi del retaggio culturale di impronta fortemente rurale tipico della ricostruzione anni 50-60: il bisogno di un possesso fisico del denaro – vedi: mattone – da una parte, con più di tre quarti della popolazione che vive in casa di proprietà, e dall’altra la sua “sublimazione” nella liquidità, un accumulo pragmatico di potenzialità da tenere pronto alla bisogna. Altro che Fintech o Trading on-Line!

Una volta i soldi venivano stipati nel materasso, ai giorni nostri versati nei conti correnti. Ma in sostanza, cambia ben poco.

Gli effetti della pandemia

Nell’ anno della Pandemia questa abitudine all’accumulo infruttifero si è ulteriormente consolidata: nell’incertezza generale, meglio non impegnarsi, tutto all’insegna del “non si sa mai”.

Secondo i vari Report di Bankitalia,  oggi esistono 1.745 miliardi di euro depositati dagli italiani sui conti correnti, 200 miliardi in più rispetto al 2019. Il 2020 è stato un anno – complici paura e incertezza – caratterizzato dall’immobilismo finanziario.

Gli italiani – ma non unici al mondo – non hanno potuto, e successivamente non hanno voluto, impegnare i loro ultimi risparmi, malgrado l’offerta fosse cospicua: il lockdown  ha inoltre causato una contrazione della domanda, vista l’incertezza per il futuro. 

Il ruolo dell’inflazione

L’inflazione non sembra avere la forza di tornare a crescere anche a causa del continuo alternarsi di segnali contrastanti. Prima e dopo la Pandemia non si è alzata con la crisi di offerta, e non è scesa ulteriormente durante la crisi di domanda, perché le Banche Centrali hanno continuato a garantire la stabilità dei prezzi attraverso il calmieramento dei tassi a breve, in una logica espansionistica.

Attenzione, però: l’inflazione all’1% è un segno negativo per il denaro inerte, e nel tempo non potrà che peggiorare.

Negli USA – dove la ripresa sta già iniziando – la Fed ha potuto iniettare liquidità non solo negli istituti di credito, come tutte le altre banche centrali, ma anche direttamente nelle imprese che cercano finanziatori sui mercati finanziari primari, e lo spettro dell’Inflazione si sta già insinuando.

In Europa non sembra il caso di preoccuparsi. Per ora infatti non arriviamo nemmeno all’auspicato 2%. Su questo argomento Fed e Banca Centrale Europea hanno promesso che continueranno nella loro opera di contenimento dei tassi di interesse ancora per un paio d’anni, con l’obiettivo di tornare nel frattempo a un’inflazione positiva contenuta.

E così, sembra proprio che la politica delle banche centrali debba supportare la crescita dei mercati azionari. Le obbligazioni, infatti, rendono poco più che nulla e il rischio di un rialzo dell’inflazione porterebbe alla tentazione di svendere quando i tassi saliranno, oppure di attendere la scadenza naturale, sapendo che il valore nominale al termine sarebbe ahinoi svalutato.

Con questo trend la maggioranza dei risparmiatori resterà immobile, mentre i risparmiatori più coraggiosi sono tentati ad addentrarsi nelle insidie del mercato azionario, che infatti sta guadagnando favori anche in un Paese come il nostro, dove i piccoli risparmiatori sono storicamente sospettosi riguardo alle Borse.

I rischi della liquidità

Fino a questo momento la liquidità è stata il faro della politica “Tltro” (Targeted Long Term Refinancing Operation), con la quale la BCE ha fornito denaro a tassi super agevolati (-0.5%) alle banche con un forte invito a finanziare le imprese. Le banche spesso hanno accolto tale invito, supportate dalla garanzia statale del Fondo Centrale di Garanzia. A questo  punto chiediamoci questo: oltre al rischio inflattivo, che per ora è limitato ma reale (di fatto i soldi lasciati liquidi valgono già l’1% in meno su base annuale), quali sono gli altri rischi di tanta liquidità in banca?

Un rischio evidente è lo spauracchio del bail-in, frutto di una direttiva UE entrata in vigore nel 2016, secondo la quale prevede che se una banca va in crisi, ne devono rispondere azionisti e i correntisti, questi ultimi tutelati solo fino a 100.000 euro di deposito.

Anzi, fino a 100 mila euro, il correntista rappresenta un creditore privilegiato. Attenzione però, perché per rientrare in possesso del proprio denaro ci potrebbe volere molto tempo. Solo per i depositi fino a 20 mila euro, la certezza di riavere i propri soldi è concreta e – quasi – immediata.

Non dimentichiamoci che il contratto che lega un correntista a una banca è, ahimè, un contratto di passaggio di proprietà del denaro depositato. Finché il mio denaro è su un conto corrente bancario, non ne sono più io il titolare. Di fatto ho prestato il denaro alla banca della quale divento quindi creditore.

la “stretta” sui conti correnti

Parecchie banche in Europa non accettano più o disincentivano i depositi oltre i 100 mila euro. Questo sia perché l’Europa spinge affinché la liquidità privata sia investita nell’economia reale, ovvero nelle imprese dei paesi, sia perché, in una situazione di tassi negativi, alle banche non conviene più tenere tanta liquidità. Tale prassi, in Italia è ulteriormente giustificato dalla necessità di scoraggiare speculazioni internazionali che vedono accumulare in banche italiane (alle quali è proibito applicare tassi negativi) una forte liquidità prodotta in paesi che invece non hanno questa interdizione e dove quindi i grandi correntisti si vedrebbero applicare questi ulteriori costi.

In sintesi, se la  situazione dovesse rimanere così, la liquidità accumulata non produce grossi danni, ma occorre considerare che quando l’inflazione rialzerà la testa – e prima o poi lo farà – i soldi accumulati avranno perso potere di acquisto, oltre a correre il rischio di essere tassati per evitare di parcheggiare grossi capitali nelle banche.

Come sempre, sono a vostra disposizione per ulteriori approfondimenti in materia